mercoledì

2° giorno - Papeete

Buongiorno.
Non c'è un passaggio preciso fra il sonno e la sveglia, i galli continuano a cantare ed alle 5,30 siamo già in piedi.
Le collane di fiori che ieri sera ci hanno infilato al collo sono posate sul tavolino ed emanano ancora il loro profumo intenso.
Fa chiaro, dai rumori sentiamo che la città è già viva ed usciamo dall'albergo, ci consigliano di recarci al mercato alla buon'ora. Non abbiamo scelta, oggi è l'unico giorno a Pepeete, l'unico giorno da dedicare agli acquisti, e dobbiamo anche sbrigarci perchè tutto chiude alle 17.00.
Piccola nota, qua siamo vicini all'equatore, il sole sorge attorno alle 6 e tramonta attorno alle 18,00 per tutto l'anno. I loro ritmi sono diversi dai nostri: in pochi minuti si fa luce ed inizia la vita, in pochi minuti si fa buio e tutti sono già in casa; sabato e domenica tutto è chiuso.

Siamo colpiti subito dal clima afoso, nella notte è caduta un po' di pioggia e adesso l'asfalto la sta restituendo all'aria sommandola ai fumi delle auto. Il traffico è molto intenso, le auto in coda ci fanno sentire come in un centro cittadino nostrano, con le differenze sia che i vigili urbani sono in mezzo alle strade ed il traffico lo dirigono, sia che è sufficiente accennare di presentarci ad un passaggio pedonale perchè le auto, SEMPRE, si fermino.
Palme altissime dappertutto.
Lungo la strada i passanti ci salutano ed iniziano ad entrarci dentro le due parole che alla fine rimarranno indelebili: iaoranà, buon giorno e mauruurù, grazie.
Il sole picchia maledettamente e cerchiamo tutte le ombre, perfino le foto devo farle all'ombra altrimenti risultano sovraesposte nonostante chiuda al massimo l'obiettivo.
Ci riscopriamo proprio in centro, a 300 mt dal lungomare, a 500 mt dal mercato principale.
Sui viali una fila di tiarè separa i marciapiedi dalle auto, il loro profumo si mischia allo smog.
Per fare le prime spese abbiamo bisogno di cambiare moneta, e con piacere scopriamo che anche le banche aprono alle 7,00 "polinesiane".
Perchè "polinesiane"?
Non tanto per il fuso orario, ma per il fatto che la puntualità non è una loro prerogativa, ed un po' dappertutto gli orari sono (e saranno) molto fluttuabili.

Notiamo tante persone, ma tante, in abbondante sovrappeso, simbolo di un modello alimentare errato simile a quello statunitense.
Vestono coloratissimi, gli uomini sono quasi tutti in bermuda e maglia bianca o camicia floreale, le donne ugualmente molto floreali; tutti con ciabatte infradito.
I turisti (noi compresi) si riconoscono subito dal grigiore e dalle scarpe.
Avvicinandoci al mercato ci colpisce della musica locale per la strada, alle 6 di mattina un negozio tiene delle grosse casse audio all'esterno con il volume alto.

Dietro ad ogni angolo delle novità, sicuramente noi stiamo vedendo tutto con gli occhi di turisti abbagliati per i quali tutto è apparentemente bello, mentre poi è la quotidianità, la vita comune, che regala le avversità, però queste prime novità ci fanno sentire come degli alieni ... ci guardiamo negli occhi ... questo è un'altro mondo.

In banca incontro una prima difficoltà, la lingua principale è il francese (fra di loro mantengono il polinesiano), molti parlano anche inglese, mentre il mio è un inglese scolastico, ed altrettanto scolastico è il francese di Donatella; però noi italiani abbiamo la dote di farci ben capire da tutti ed il cambio va a buon fine.

Non riusciamo a telefonare usando il cellulare, il display ci dice che è inserito un blocco, però almeno gli sms volano ed usandoli avvisiamo a casa che tentino di sistemare la questione. (se mi leggete prima di partire fate attenzione, quando si è all'estero e non si conosce perfettamente la lingua non è facile tradurre dei messaggi tecnici che inviano gli operatori locali, meglio fare attenzione a tutto prima da casa). Risolvono il problemino e riusciamo a parlare con loro. Viene istintivo il "buongiorno", ma da loro è sera.

Facciamo colazione in uno dei bar adiacenti al mercato, l'igiene lascia parecchio a desiderare e scegliamo quello che crediamo il meno peggio, però anche in questo le cibarie sono ammassate all'aperto. Non ci fidiamo del caffè, ci portano dei tè in tazze diverse fra loro, la zuccheriera è incrostata; notiamo da chi ci circonda che la vita commerciale è iniziata già da un bel po' di tempo.
 
Un primo giro all'interno di mercato ci inebria di colori, di profumi, di ulteriori diversità ad ogni banco.
Il mercato è su due piani, diviso a zone, terminiamo un primo giro ed iniziamo la scoperta della città. La chiesa, il parco Bouganville (dedicato non alla pianta ma al personaggio che le ha dato il nome) con piante e fiori sconosciuti, un centro commerciale dove facciamo delle prime spese.
Altra stranezza, il centro commerciale non ha al suo interno il classico supermercato alimentare, di questi ultimi, in tutta la capitale, ne incontreremo solo uno ed un paio di hard discount. I prezzi della merce paragonabile (ad es. una lattina di coca, di birra) sono allineabili a quelli italiani, un po' più cari dei nostri supermercati (nei quali però Donatella si è specializzata in caccia delle offerte speciali), meno cari di qualsiasi nostro centro balneare.
Appena fuori delle strade principali le zone sono più popolari, più dimesse, però sempre dignitosamente pulite; molti negozi sono abbandonati a sintomo di un passato più florido, il traffico è quasi inesistente ed i bambini giocano ancora nelle strade (quest'ultima cosa la capiremo più avanti).

Ritorniamo al mercato ed è il momento di acquistare pareo, camicie, il mitico olio da sole al monoi. In un banco trovo molti ukulele, uno mi attira particolarmente e titubante, perchè poi dovrò portarmelo al seguito dappertutto, lo acquisto.

Ritorniamo a portare il tutto in albergo e dietro ad un'angolo un'altra sorpresa.
Sul lungomare, a fianco della coda di automobili, seduti sul marciapiede, una decina di "musicisti" stanno suonando e cantando. Chitarre, chitarrine, ukulele, perfino un simil-basso fatto con un bidone ed un manico di scopa infilato dentro ed una corda che viene percossa e fatta vibrare più o meno tesa per intonarla. Rimango ammaliato dal suonatore principale di ukulele, ha un senso del ritmo particolare e due mani velocissime.

Donatella esprime un desiderio: "questo viaggio dovrà rimanermi indimenticabile, indelebile come un tatuaggio, e questo è proprio il luogo ideale per i tatuaggi". Così a 51 anni decide di farsi tatuare un tiarè sull' avanbraccio in modo che: "anche lavando i piatti la mente ritorni ...".
Prendiamo appuntamento con il tatuatore (rigorosamente polinesiano) per il pomeriggio.
A mezzogiorno un panino al volo e poi ancora in albergo, per riposarci, e questa volta è po' di riposo vero (l'una del pomeriggio = l'una di notte).

Nel pomeriggio il tatuaggio, bellissimo.

Poi altro giro in città e passeggiata distensiva dentro al parco sul lungomare:
"Ueee siamo sul lungomare di Papeete, mica a Iesolo!!!", non ci sembra vero.

Alla sera cena alle roulotte, ed anche questa cosa è particolare ed unica.
Un piazzale del lungomare, vuoto durante il giorno, alla sera si anima con queste roulotte che arrivano, scaricano tavolini e sedie, e vi si cucina un po' di tutto.


Alle 8 di sera le strade sono deserte, in giro solo qualche turista girovago che, come noi, ancora non ha assimilato questi ritmi di vita diversi.
Ritorniamo in albergo, gli occhi e la mente sono saturi, e dire che con questo inizio ancora non abbiamo nemmeno sfiorato i veri temi di questo nostro viaggio, le acque, i pesci, la natura. Domani si cambia, se ogni giorno seguente dovesse essere come questo diventerebbe un vero proprio ingolfamento mentale (ed in realtà poi è stato così).

La stanchezza è tanta, però alle 9 di sera locali il nostro corpo risponde con le 9 di mattina, l'appannamento mentale è totale ma il sonno vero e proprio non arriva.
Domani mattina sveglia alle 4, l'aereo è alle 6, siii caaambia!!! .
Buonanotte.

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