martedì

Epilogo

Lo stridio di una frenata sull'asfalto, un clacson che suona, delle voci si elevano al di fuori dei finestrini, è un risveglio amaro non solo metaforicamente, il sapore di qualche cibo ha ripreso a salire dallo stomaco alla bocca.
Trascorsi tre giorni i ritmi del sonno ritornano normali, solo quelli però, molte altre cose non saranno più normali.

Iaoranàaa
il nostro saluto mattutino è rimasto, il nostro volto cambia quando ce lo scambiamo, anche se pronunciato con il groppo in gola.

Le marmellate non hanno più lo stesso sapore, eppure le avevamo acquistate sul posto, perfino l'olio di monoi con qualche grado in meno di temperatura diventa biancastro, si solidifica.
La borsa intrecciata ha perso il suo color verde ... palma, però non si è scolorita del tutto, non è diventata marrone "marcio", segnale che niente scolorirà del tutto?
Riesco a dare all'ukulele un'accordatura quasi perfetta ma il suo canto non è più gioioso, gli manca qualcosa, spero che le collane di conchiglie che lo circondano diminuiscano il suo tormento.

I portoghesi/brasiliani chiamano questo sentimento "saudade", vocabolo che non trova una traduzione precisa nella lingua italiana; chi è andato nel continente nero lo definisce "mal d'Africa", la sua traduzione in malinconia, struggimento, tristezza ... nostalgia ... descrive solo una parte di questo sentimento.
E' il dolore provocato da un qualcosa che ti manca, da un'assenza, da un vuoto che ti senti dentro.
Io provo a definirlo in un modo nuovo ... mal del corallo.
I coralli in realtà sono degli animali, qualcosa di vivente, dei piccoli polipi che quando muoiono poi si solidificano.
Quegli animali che, durante il primo bagno a Maupiti, si sono mangiati il mio polpaccio regalandomi due cicatrici che rimarranno indelebili.
Azz.... mi hanno fatto un male boia, e quel male ... mi è rimasto dentro.
Mauruurù.

Dopo pochi giorni l'abbronzatura svanisce, sono rimasti un tatuaggio, qualche ricetta (a dire il vero uguali alle originali, complimenti alla cuoca), una tazza con sabbia rosa, conchiglie e coralli, un copriletto coloratissimo, dell'abbigliamento a fìori sgargianti,  9 giga di foto digitali e 250 stampate su carta, dei video che riempieno occhi e orecchie, ma provocano fitte al cuore.
Mauruurù.

Queste sono cose materiali, le spirituali invece sono impossibili da far vedere e sono difficili da raccontare, anche se in parte spero di esserci riuscito.

Impossibili da descrivere invece sono un sorriso, un saluto, delle tonalità di colori, sfumature di odori e sapori, una tranquillità, la pace ... le nebulose dentro ad un cielo stellato ... .
Ci portiamo tutto dentro e speriamo che il tempo non cali la sua patina di oblio.
No, non ci riuscirà!
Mauruurù.

Ogni giornata ha avuto un significato proprio, anche quelle che all'inizio si presentavano più noiose delle altre invece alla fine ci hanno donato qualcosa.
Mauruurù.

E' aumentata la consapevolezza che sono le piccole cose quelle che fanno la vera felicità.

Sicuramente molto deriva anche dall'approccio con cui si va ad affrontare una situazione, noi TUTTO ce lo aspettavamo bello ed infatti TUTTO è stato bello. La quotidianità invece può trasformare le cose, viverci degli anni è diverso che passarci 20 giorni da turista, sicuramente anche loro hanno le tasse da pagare ed un qualcosa di ladro in chi li governa, però tutto cambia se si vanno ad affrontare i problemi giornalieri con una mentalità libera da altri ... stress.

Mauruurù Polinesia.

"Seconda stella a destra quello è il cammino ... "
Peter Pan, l'eterno bambino sognatore, cercava la sua isola, anche per noi questo viaggio era un sogno.
"... Poi la strada la trovi da te ... "
Un sogno che siamo riusciti a trasformare in realtà, trovando la nostra strada.
"... porta all'isola, che non c'è"
Ed invece quell'isola esiste veramente.
Potrebbe chiamarsi Maupiti, oppure Tahaa, oppure ...
lascio i puntini di sospensione, mica le abbiamo viste tutte.

Per ora è difficile strappare quell'intreccio di radici che ci lega ancora all'Italia, per ora.
Difficile non significa impossibile.

da www.raffaellafuso.it
La saudade non guarda il futuro, ma non è neanche il passato...
è il presente;
è come una malattia che ci si porta dentro, insieme alla speranza che il tempo la guarisca;
è la tormentata volontà di avere di nuovo quello che si è perso;
è la forza di non lasciarsi sopraffare da questo struggimento e di tradurre il passato dando un senso al presente; 
e’ un dolore, ma anche un piacere che mantiene in vita ciò che non esiste più, è lontano, o non può più tornare.
Ed è proprio questo che rende questa “malinconia brasiliana” così speciale...
La Saudade e la tristezza, da possibili “assassine”, possono diventare fonte di vita e di piacere, forza di volontà, fonte di ispirazione artistica ed espressiva... nella musica, nella danza ... 
un modo di sentirsi... e d’essere... che è difficile spiegare, spiegarsi... da un’altra cultura.

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