domenica

E' veramente un'altro mondo.
Non riesco ad essere breve, a riassumere le molte emozioni, le novità che si accumulavano in continuazione, ogni lampo di nuova vita che mi entrava dentro e rimpiccioliva quanto avevo accumulato nei precedenti 54 anni. Più di così non riesco ad essere allo stesso tempo chiaro e sintetico, nella mia mente tutto il viaggio scorre come un film e spero di riuscire a riportare la sua fluidità in quanto scrivo, se qualche volta non ci riuscirò scusatemi.
Le frasi inserite fra parentesi in corsivo sono commenti a posteriori. Buona lettura, mauruuru.

sabato

Introduzione

I sogni si possono realizzare però a volte occorrono soldi, molti soldi, e per una famiglia operaia (con 2 figli) non è facile metterli da parte. Poi ad un certo punto della vita arriva un film, il cartone animato UP, e ti fa capire che è arrivato il momento giusto per rompere il salvadanaio e destinarlo a quel sogno.
Così Donatella e Giovanni decidono di diventare protagonisti di quei filmati visti tante volte in TV, di immergersi in quei mari, in quelle terre, e partono per la Polinesia.

Niente lussi, non la Polinesia/LunaPark dei grandi alberghi/resort ma nemmeno quella alla "Robinson Crusoe"; una ventina di giorni, 5 isole, soggiorni in pensioni famigliari a mezza pensione, tutti spostamenti in aerei, e tanto desiderio di ... conoscenza, tanto che in fase di organizzazione una notte ("anche solo una notte") in un overwater viene ben volentieri scambiata con una giornata e qualche escursione in più.

Tahiti/Papeete il primo giorno, tanto per vedere la città ed acclimatarsi,
poi Maupiti, Tahaa, Rangiroa e Fakarava.
Due isole per scoprire "le terre" e 2 atolli per conoscere "i mari".

Primi giorni faticosi a causa del cambio di orario, con gli occhi e la mente saturati dalle novità che apparivano ad ogni passo, dietro ad ogni angolo.
Piante, fiori, odori, colori, modi di vita e sopratutto ... persone.
Questa forse è stata la cosa che inizialmente ci ha colpito di più, la gente del posto.
La cordialità, l'affabilità, il saluto, l'allegria, i canti.

E poi la natura, l'Eden, dove sembra impossibile possa liberamente nascere e crescere veramente di tutto.
Ed infine ma non ultimi, i mari, i pesci, i coralli....

Raccontare organizzazione e preparativi diventerebbe troppo lungo, ne riparlerò al termine di questo diario, unicamente desideriamo ringraziare e complimentarci con la Kiaora Viaggi, tour operator specializzati per quelle zone, non solo per la perfetta organizzazione dell'insieme, per gli incastri di coincidenze negli spostamenti, ma anche, una volta capite quali erano le nostre intenzioni, per i preziosi consigli su dove soggiornare e quali luoghi visitare.

Inizierò dal momento in cui siamo entrati nel "clima", quando a Parigi abbiamo messo piede dentro all'aereo della Tahiti Nui.
Se vi va ... salite in aereo assieme a noi, siii paaarteee!!!

giovedì

1° giorno - viaggio di andata

Il volo Air France da Venezia è atterrato a Parigi in perfetto orario, il Charles de Gaulle è un aereoporto immenso, per portarci dal terminal dei voli europei a quello degli intercontinentali c'è un pullman. L'unica lieve preoccupazione che abbiamo riguarda le valigie, a Venezia ci hanno garantito che il loro passaggio da un'aereo all'altro sarebbe stato automatico, senza doverle ritirare e ripresentare, però un po' di timore rimane sempre.
L'aereo della AirTahiti Nui è già là che ci sta aspettando, grande, azzurro, con disegnato il Tiarè, il fiore simbolo della Polinesia.
Le operazioni di reimbarco sono velocissime.
Entrando in aereo ci accolgono le hostess con in mano un vassoio dove sono adagiati questi benedetti tiarè, ce ne offrono uno ciascuno, loro lo portano infilato nei capelli, e per la prima volta annusiamo quel profumo inebriante che ci accompagnerà tutti i giorni.
Ci accomodiamo, sugli schienali dei sedili di fronte a noi sono inseriti dei piccoli monitor televisivi, durante il viaggio ci forniranno tutti i dati di volo con una rotta stranissima, quasi sopra al famigerato vulcano, poi quasi al polo nord (e pensare che alla fine scenderemo sotto l'equatore) e ci accompagneranno con film a scelta e vari videogiochi.
Subito dopo il decollo le hostess si cambiano d'abito, indossano un camicione "da lavoro", volano come angeli fra i sedili, ed inizano a portarci da mangiare e bere, questo per varie volte durante le 23 ore di viaggio quasi a satollarci, sempre cibi ai quali noi non siamo abituati, ma ben felici di iniziare in questo modo tutta la nuova esperienza.
Ci consegnano dei kit personali di comfort, sigillati, con cuscino, paraorecchi, benda copriocchi, cuffiette, e persino coperta e calzini, questo a significare che le temperature scenderanno.
Abbassiamo le tende dei finestrini, tentiamo di dormire, però la tensione nervosa è troppo alta e ci appisoliamo solamente.
Dopo i brulli Stati Uniti l'arrivo a Los Angeles è suggestivo, un immenso susseguirsi squadrato di viali e casette e solo da lontano qualche grattacielo.
La sosta è fatta per rifornire l'aereo, per noi passeggeri è solo una seccatura il dover scendere, regalare agli Stati Uniti le nostre impronte digitali ed ottiche (con le nostre facce da terroristi), farci spennare 2euro e mezzo per un bicchiere di cocacola, e risalire.
Sono le 14 locali, però per il nostro corpo è mezzanotte ed inizia a farsi sentire uno stato di annebbiamento.
Il sole non tramonta mai, solo all'aereoporto Faaa di Papeete è buio, sono le 21 locali.

Sentiamo subito il caldo umido, entrando ci accoglie un trio che canta e suona chitarrine e ukulele, iniziano ad entrarci nelle orecchie quelle melodie che ci accompagneranno per tutto il viaggio.


L'attesa delle valigie ci rende un po' nervosi però ... eccole!
Fuori dell'aereoporto ci attende un delegato dell'agenzia di viaggio, italiano, che ci infila al collo una prima collana di fiori, profumatissima, coloratissima.
Ci consegna anche dei voucher per il proseguio del viaggio e ci da il numero del suo cellulare invitandoci a rivolgerci a lui in caso di qualsiasi bisogno.
Un pulmino ci accompagna all'albergo, e ci sorprende vedere le strade della capitale che a quell'ora sono praticamente vuote, solo in seguito ne capiremo i perchè.
Per chi non conosce i luoghi c'è bisogno di una precisazione: Polinesia Francese è il nome della nazione, Tahiti è il nome dell'isola principale, Papeete è il nome della città capitale.
L'hotel Tahiti Nui  (nome ricorrente, è la montagna più alta di Tahiti) è di classe elevata, tentiamo di dormire ma non ci riusciamo e ci rendiamo conto che per il nostro fisico è uno sconvolgimento, quella mezzanotte corrisponde al mezzogiorno italiano.
Comunque ci appisoliamo fra i canti di alcuni galli (anche loro hanno il fuso orario sballato?) ... buonanotte.

mercoledì

2° giorno - Papeete

Buongiorno.
Non c'è un passaggio preciso fra il sonno e la sveglia, i galli continuano a cantare ed alle 5,30 siamo già in piedi.
Le collane di fiori che ieri sera ci hanno infilato al collo sono posate sul tavolino ed emanano ancora il loro profumo intenso.
Fa chiaro, dai rumori sentiamo che la città è già viva ed usciamo dall'albergo, ci consigliano di recarci al mercato alla buon'ora. Non abbiamo scelta, oggi è l'unico giorno a Pepeete, l'unico giorno da dedicare agli acquisti, e dobbiamo anche sbrigarci perchè tutto chiude alle 17.00.
Piccola nota, qua siamo vicini all'equatore, il sole sorge attorno alle 6 e tramonta attorno alle 18,00 per tutto l'anno. I loro ritmi sono diversi dai nostri: in pochi minuti si fa luce ed inizia la vita, in pochi minuti si fa buio e tutti sono già in casa; sabato e domenica tutto è chiuso.

Siamo colpiti subito dal clima afoso, nella notte è caduta un po' di pioggia e adesso l'asfalto la sta restituendo all'aria sommandola ai fumi delle auto. Il traffico è molto intenso, le auto in coda ci fanno sentire come in un centro cittadino nostrano, con le differenze sia che i vigili urbani sono in mezzo alle strade ed il traffico lo dirigono, sia che è sufficiente accennare di presentarci ad un passaggio pedonale perchè le auto, SEMPRE, si fermino.
Palme altissime dappertutto.
Lungo la strada i passanti ci salutano ed iniziano ad entrarci dentro le due parole che alla fine rimarranno indelebili: iaoranà, buon giorno e mauruurù, grazie.
Il sole picchia maledettamente e cerchiamo tutte le ombre, perfino le foto devo farle all'ombra altrimenti risultano sovraesposte nonostante chiuda al massimo l'obiettivo.
Ci riscopriamo proprio in centro, a 300 mt dal lungomare, a 500 mt dal mercato principale.
Sui viali una fila di tiarè separa i marciapiedi dalle auto, il loro profumo si mischia allo smog.
Per fare le prime spese abbiamo bisogno di cambiare moneta, e con piacere scopriamo che anche le banche aprono alle 7,00 "polinesiane".
Perchè "polinesiane"?
Non tanto per il fuso orario, ma per il fatto che la puntualità non è una loro prerogativa, ed un po' dappertutto gli orari sono (e saranno) molto fluttuabili.

Notiamo tante persone, ma tante, in abbondante sovrappeso, simbolo di un modello alimentare errato simile a quello statunitense.
Vestono coloratissimi, gli uomini sono quasi tutti in bermuda e maglia bianca o camicia floreale, le donne ugualmente molto floreali; tutti con ciabatte infradito.
I turisti (noi compresi) si riconoscono subito dal grigiore e dalle scarpe.
Avvicinandoci al mercato ci colpisce della musica locale per la strada, alle 6 di mattina un negozio tiene delle grosse casse audio all'esterno con il volume alto.

Dietro ad ogni angolo delle novità, sicuramente noi stiamo vedendo tutto con gli occhi di turisti abbagliati per i quali tutto è apparentemente bello, mentre poi è la quotidianità, la vita comune, che regala le avversità, però queste prime novità ci fanno sentire come degli alieni ... ci guardiamo negli occhi ... questo è un'altro mondo.

In banca incontro una prima difficoltà, la lingua principale è il francese (fra di loro mantengono il polinesiano), molti parlano anche inglese, mentre il mio è un inglese scolastico, ed altrettanto scolastico è il francese di Donatella; però noi italiani abbiamo la dote di farci ben capire da tutti ed il cambio va a buon fine.

Non riusciamo a telefonare usando il cellulare, il display ci dice che è inserito un blocco, però almeno gli sms volano ed usandoli avvisiamo a casa che tentino di sistemare la questione. (se mi leggete prima di partire fate attenzione, quando si è all'estero e non si conosce perfettamente la lingua non è facile tradurre dei messaggi tecnici che inviano gli operatori locali, meglio fare attenzione a tutto prima da casa). Risolvono il problemino e riusciamo a parlare con loro. Viene istintivo il "buongiorno", ma da loro è sera.

Facciamo colazione in uno dei bar adiacenti al mercato, l'igiene lascia parecchio a desiderare e scegliamo quello che crediamo il meno peggio, però anche in questo le cibarie sono ammassate all'aperto. Non ci fidiamo del caffè, ci portano dei tè in tazze diverse fra loro, la zuccheriera è incrostata; notiamo da chi ci circonda che la vita commerciale è iniziata già da un bel po' di tempo.
 
Un primo giro all'interno di mercato ci inebria di colori, di profumi, di ulteriori diversità ad ogni banco.
Il mercato è su due piani, diviso a zone, terminiamo un primo giro ed iniziamo la scoperta della città. La chiesa, il parco Bouganville (dedicato non alla pianta ma al personaggio che le ha dato il nome) con piante e fiori sconosciuti, un centro commerciale dove facciamo delle prime spese.
Altra stranezza, il centro commerciale non ha al suo interno il classico supermercato alimentare, di questi ultimi, in tutta la capitale, ne incontreremo solo uno ed un paio di hard discount. I prezzi della merce paragonabile (ad es. una lattina di coca, di birra) sono allineabili a quelli italiani, un po' più cari dei nostri supermercati (nei quali però Donatella si è specializzata in caccia delle offerte speciali), meno cari di qualsiasi nostro centro balneare.
Appena fuori delle strade principali le zone sono più popolari, più dimesse, però sempre dignitosamente pulite; molti negozi sono abbandonati a sintomo di un passato più florido, il traffico è quasi inesistente ed i bambini giocano ancora nelle strade (quest'ultima cosa la capiremo più avanti).

Ritorniamo al mercato ed è il momento di acquistare pareo, camicie, il mitico olio da sole al monoi. In un banco trovo molti ukulele, uno mi attira particolarmente e titubante, perchè poi dovrò portarmelo al seguito dappertutto, lo acquisto.

Ritorniamo a portare il tutto in albergo e dietro ad un'angolo un'altra sorpresa.
Sul lungomare, a fianco della coda di automobili, seduti sul marciapiede, una decina di "musicisti" stanno suonando e cantando. Chitarre, chitarrine, ukulele, perfino un simil-basso fatto con un bidone ed un manico di scopa infilato dentro ed una corda che viene percossa e fatta vibrare più o meno tesa per intonarla. Rimango ammaliato dal suonatore principale di ukulele, ha un senso del ritmo particolare e due mani velocissime.

Donatella esprime un desiderio: "questo viaggio dovrà rimanermi indimenticabile, indelebile come un tatuaggio, e questo è proprio il luogo ideale per i tatuaggi". Così a 51 anni decide di farsi tatuare un tiarè sull' avanbraccio in modo che: "anche lavando i piatti la mente ritorni ...".
Prendiamo appuntamento con il tatuatore (rigorosamente polinesiano) per il pomeriggio.
A mezzogiorno un panino al volo e poi ancora in albergo, per riposarci, e questa volta è po' di riposo vero (l'una del pomeriggio = l'una di notte).

Nel pomeriggio il tatuaggio, bellissimo.

Poi altro giro in città e passeggiata distensiva dentro al parco sul lungomare:
"Ueee siamo sul lungomare di Papeete, mica a Iesolo!!!", non ci sembra vero.

Alla sera cena alle roulotte, ed anche questa cosa è particolare ed unica.
Un piazzale del lungomare, vuoto durante il giorno, alla sera si anima con queste roulotte che arrivano, scaricano tavolini e sedie, e vi si cucina un po' di tutto.


Alle 8 di sera le strade sono deserte, in giro solo qualche turista girovago che, come noi, ancora non ha assimilato questi ritmi di vita diversi.
Ritorniamo in albergo, gli occhi e la mente sono saturi, e dire che con questo inizio ancora non abbiamo nemmeno sfiorato i veri temi di questo nostro viaggio, le acque, i pesci, la natura. Domani si cambia, se ogni giorno seguente dovesse essere come questo diventerebbe un vero proprio ingolfamento mentale (ed in realtà poi è stato così).

La stanchezza è tanta, però alle 9 di sera locali il nostro corpo risponde con le 9 di mattina, l'appannamento mentale è totale ma il sonno vero e proprio non arriva.
Domani mattina sveglia alle 4, l'aereo è alle 6, siii caaambia!!! .
Buonanotte.

martedì

3° giorno - primo a Maupiti, pensione Kuriri

L'appuntamento con il pulmino che ci porta all'aeroporto è ad "orario polinesiano", cioè noi siamo puntuali mentre chi viene a prenderci tarda di molto, comunque all'aeroporto ci arriviamo in orario perfetto a dimostrazione che hanno sempre ragione loro.
Il check-in dei voli interni è da film (e purtroppo non l'ho fatto, non riesco ad essere contemporaneamente cameraman e protagonista).
Una signora si porta in aereo, assieme ad un po' di bimbi piccoli, anche delle bacinelle per il bucato ed un mocio, un'altra ha come bagaglio a mano dei contenitori con uova. Arriviamo al bancone e gentilmente mi avvertono che al controllo bagagli potrebbero crearmi dei problemi per l'ukulele che porto infilato nello zainetto a spalla (non fidandomi di inserirlo nelle valigie sballottate), potrebbero considerarlo come "un'arma d'offesa", pensiamo: "eh, ma allora anche il bastone del mocio, anche le uova" e giù a ridere. (però questo timore ci accompagnerà per tutti i chek-in successivi, comunque non ci hanno più fatto questa osservazione e tutto è sempre filato liscio). Nonostante i molti regali acquistati il peso delle valigie rimane nella norma (altro timore che ci ha sempre accompagnato successivamente).
Gli aerei che useremo per gli spostamenti interni sono ad elica, questo per permettere minori lunghezze delle piste collocate su lembi di terra nelle varie isole.
Le ali sono poste più in alto dei finestrini, così possiamo vedere sotto senza disturbo.
L'accoglienza a bordo è sempre ospitale, non manca (e non mancherà mai) un succo di frutta (tropicale logicamente).
Iniziano i paesaggi da cartolina, anche se non riusciamo a riconoscere le isole che sorvoliamo, questa credo sia Bora Bora:
Piccola precisazione (che forse dovevo fare all'inizio di tutto e si vede bene nella foto).
In Polinesia esistono isole e atolli, che sono due cose diverse. Partendo da in mezzo l'isola ha una o più montagne, che originariamente erano un vulcano, alle pendici di queste inizia la laguna che si espande fino ai motu, i quali sono degli isolotti corallini normalmente stretti e di varie lunghezze, dopo di questi un'altro tratto di laguna con larghezza variabile porta al reef che è la muraglia corallina dove sbatte l'oceano, larga qualche metro con acqua bassissima, ed infine l'oceano.
Nell'atollo invece il vulcano centrale ad un certo punto ha deciso di sprofondare, per cui le immense lagune centrali sono unicamente delimitate da questi motu (isolotti)

All'arrivo a Maupiti iniziamo a familiarizzare con gli aeroporti delle isole. La pista è brevissima, vista dall'alto sembra impossibile non finire in acqua, la frenata dell'aereo per forza è potente. Strutture piccolissime, praticamente tutto in una stanza completamente aperta, le valigie vengono portate direttamente dentro da un trattorino.
Ci accoglie Jean, ci infila la classica collana di fiori, parla un ottimo italiano, saliamo sulla barca e ci accompagna alla pensione Kuriri che si trova in un motu all'opposto dell'isola. Passando davanti all'isola principale notiamo la diversità delle abitazioni rispetto a Papeete dove imperavano alti condomini, di qua invece casettine singole, tutte ad un solo piano leggermente rialzato da terra, immancabile la chiesetta con campanile centrale. Il monte dell'isola ha pareti rocciose, e proprio in cima ci sorprende la crescita di alcune palme da cocco. I semi delle palme sono ... le noci di cocco, e sicuramente non è stato il vento a portarle su quelle vette, forse qualche uccello, o forse Messner è arrivato anche fin qua?

La parola "Farè" tradotta letteralmente significa "casa" ed i farè attuali per i turisti vengono ricreati come le vecchie case indigene, assomiglianti ai nostri bungalow. Gli alloggi della pensione sono appunto 5 di questi farè immersi in un giardino tropicale. Tutti in legno, leggermente rialzati da terra, dentro ci accolgono fiori posizionati dappertutto, anche in bagno si mischiano colori e profumi. Al centro il letto ricoperto da una zanzariera, un ventilatore al soffitto che non abbiamo mai acceso perchè l'aria non è mai mancata.
Mancano dei servizi essenziali senza i quali sicuramente ci rovineremo le ferie come TV, frigo, telefono, climatizzatore, cassaforte (logicamente sto scherzando), però l'acqua calda c'è.
Jean ci informa che la pensione è quasi completamente autonoma, molto cordialmente ci chiede di non abusare dell'energia elettrica perchè proviene da pannelli solari che caricano batterie, l'acqua dolce la prelevano da sotto il motu, quella dei rubinetti non è potabile però va bene per lavarci, poi loro potabilizzano quella che ci danno da bere, ed il tutto è controllato.
Entrando nel farè Jean fa un gesto per lui naturale che però ci coglie di sorpresa, si toglie le ciabatte.
Gesto che poi anche noi ci imporremmo di fare, sempre, motivato.
Le case sono costruite sollevate da terra per difenderle degli allagamenti, ed hanno pavimenti in legno, non essendoci marciapiedi provenendo dall'esterno si porterebbe dentro la sabbia, granulosa, ed il legno si rovinerebbe in poco tempo. Allora si entra a piedi nudi, a volte accolti all'esterno da una bacinella d'acqua per risciaquarli, ed ecco il motivo principale per cui dappertutto e sempre non si usano scarpe ma le comodissime ciabatte infradito.

Anche senza rumori non esiste un vero e proprio silenzio, ma un sottofondo continuo di onde che si infrangono.
In questo motu esistono solo la pensione dove siamo noi, un'altra, e qualche casa singola, per il pranzo non abbiamo scelte ed iniziamo ad assaporare i gusti locali. Pesce crudo in insalata condito con salse locali, squisito. Siamo seduti su una terrazza/dependance proprio di fronte al tratto di laguna che guarda verso l'oceano, il paesaggio è suggestivo, le onde che si infrangono paurose.
Nel pomeriggio finalmente il primo bagno.
La sabbia è granulosa ma non calda nonostante il sole cocente (ci spiegheranno che le sabbie sono di corallo e questo non assorbe il calore)
L'acqua è calda, la sua profondità arriva subito a circa mezzo metro e poi rimane stabile, per arrivare al reef ci saranno circa 300mt. L'ingresso in acqua con la maschera è deludente, solo qualche insignificante pesciolino, riemergiamo, ci guardiamo negli occhi: "tutto qua? boooh".

Procedendo iniziamo ad incontrare piccoli scogli, anche questi in realtà sono coralli solidificati. Pian pianino aumenta la quantità e la qualità dei pesci, lentamente ci ritroviamo immersi in un vero e proprio acquario tropicale. Pesci con tutti i colori di un infinito arcobaleno, brillantissimi, di tutte le forme e dimensioni, alcuni fuggono via subito, altri si lasciano avvicinare, finalmente è proprio il mare che cercavamo (e pensare che è solo l'inizio). Le conchiglie hanno i bordi frastagliati coloratissimi, attinie ed anemoni, vere e proprie esplosioni di coralli multicolori. Il tempo passa senza cognizione, ad un certo punto solo dei brividi di freddo ci fanno capire che è il momento di uscire e Donatella ritorna a riva.
Sono vicinissimo al reef e decido di salirci sopra. Ad un certo punto le formazioni coralline aumentano di consistenza, l'altezza dell'acqua diminuisce fino ad una decina di cm e mi metto in piedi su quel paio di metri che separano dall'oceano.
E' impressionante, mi sento una nullità, le onde arrivano con altezze e violenze inaudite, si infrangono contro al muro di coralli solidificati e mi scivolano dolcemente sui piedi, solo qualcuna mi sbilancia un po', senza risacca diventano acqua placida di laguna. Rimango là incantato alcuni istanti poi sento una sensazione di paura, mi volto per ritornare indietro, alla mia destra vedo fuoriuscire dall'acqua una pinna che fugge via, uno squaletto (solo dopo mi hanno detto che era innocuo), il cuore inizia a battere velocemente. Un paio d'onde più forti mi prendono alle spalle, mi tolgono l'equilibrio e mi fanno cadere, così i coralli si vendicano del mio calpestio procurandomi alcuni profondi tagli ad un polpaccio. Basta, torno indietro. I tagli sanguinano abbondantemente e così ho anche imparato che le ferite da corallo sono dolorose e poi lunghe da guarire (un mese dopo ne ho ancora i segni rossi, e sicuramente mi resteranno cicatrici, indelebili).
Ritorniamo al farè e finalmente riusciamo a dormire profondamente per alcune ore.
Nel tardo pomeriggio camminiamo fino ad un'altra spiaggia poco lontana, ci accompagna Durga la dolcissima cagna della pensione, di lei parlerò in un post seguente.
In teoria dovremmo incontrare delle mante, però scopriamo che quando il sole decide di andarsene il buio arriva in pochi minuti, per cui facciamo un rientro frettoloso sempre accompagnati da Durga che, mentre ci bagnavamo, era rimasta seduta accanto ai nostri asciugamani.
Alla sera si cena tutti seduti allo stesso tavolo, siamo gli unici italiani assieme ad altre due coppie francesi, così Jean ci desidera accanto a se in modo da renderci partecipi ai dialoghi.
Ancora pesce crudo come antipasto e poi quel tazar che ci accompagnerà in quasi tutti i pasti nella pensione, cucinato in modi diversi. Anche il dolce finale contiene gustosi prodotti di zona.
E' la stessa cuoca che porta i cibi in tavola, Dorian, è molto bella, ha modi di fare dolcissimi, ci presenta a voce i piatti con molta eleganza, con un fil di voce, con una risata cristallina ed allo stesso tempo ... vergognina, e queste caratteristiche le riscontreremo in molti polinesiani.
Non siamo di gran compagnia, gli occhi si chiudono da soli, anche questa giornata li ha riempiti abbondantemente, la schiena bruciacchia dopo l'oretta a pelo d'acqua, però non può mancare un breve ritorno nella buia spiaggia con gli occhi rivolti al cielo, accolti da un immenso manto di stelle luminosissimo. Uno degli spettacoli che ci regala la natura del quale normalmente non ce ne rendiamo conto (assieme a molti altri che riscopriremo in seguito).
Buonanotte.

lunedì

4° giorno - l'isola di Maupiti

"Iaoranà, Bonjour", Dorian ci accoglie per la colazione.
Non sono i vocaboli a colpirci, ma il suo modo di pronunciarli, con un filo di voce dolcissima, con le vocali finali prolungate: "Ioranàaaa, Bonjouuuur".
Il cellulare prende linea anche su quest'isolotto e da casa ci parlano di meteo orrendi, mentre qua il sole picchia subito duro. L'erba umida ci ricorda che anche noi stanotte abbiamo inteso per 3 o 4 volte la pioggia cadere. (Le piogge notturne ci accompagneranno poi in tutto il viaggio, con temporali brevi, di pochi minuti, non piogge irruente, di giorno invece sole cocente, solo una paio di mezze giornate leggermente nuvolose, ecco il trucco per la crescita di quei giardini/serre tropicali).

Frutta fresca locale, pane e marmellate fatte in casa sempre con frutta locale, seduti sotto le frasche ancora con gli occhi verso l'oceano, iniziare così una giornata mette di buon umore (esattamente il contrario di un caffè veloce al volo con l'auto parcheggiata in seconda fila). Donatella si è annotata "marmellata di papaia e vaniglia", si è ripromessa di provare, e sottolineo provare, a farla a casa nostra.
Oggi abbiamo in programma il giro dell'isola principale e Jean ci accompagna in barca, assieme alle altre 2 coppie, fino al punto dove ci noleggiano delle biciclette insolite, frenano girando i pedali all'indietro. Il giro completo dell'isola è una decina di km, con un'unica strada asfaltata a livello del mare, tranne un breve tratto. Le altre coppie partono per un giro orario, noi due come al solito preferiamo la solitudine, viceversa.

Maupiti è la più a nord delle Isole di Sottovento, la più lontana da Tahiti, ci è stata consigliata (ed abbiamo ben accettato il consiglio) perchè è quella che ha ricevuto la minor contaminazione turistica, dove la vita è più vicina alle vecchie dimensioni, più ... polinesiana, più ...umana.
L'isola principale ospita due villaggi, praticamente uno è il proseguio dell'altro.
Constatiamo subito che ogni casetta è circondata dal proprio giardino, ma chiamarli giardini è riduttivo, sono dei veri e propri orti botanici, e proprio davanti a casa, in mezzo a piante e fiori, le tombe dei propri defunti.
Particolare un po' macabro ma molto significativo ad indicare la loro devozione verso il passato.
Tutte le porte sono aperte, nessuna recinzione (ce l'hanno solo chiese e scuole, evidentemente le uniche con paura di venir derubate), pochissime le parabole TV satellitari.
Tutte le persone che incontriamo per strada ci salutano, questo ci mette allegria e le pedalate girano fluide.
Affianchiamo la scuola dove una parte di bambini sta giocando chiassosamente all'esterno mentre gli altri, con finestre e porte aperte, stanno seguendo attentamente le lezioni.
Nell'unico negozietto facciamo una piccola spesa per il pranzo di mezzogiorno e lasciamo la "città".
La strada da un lato costeggia la laguna e dall'altro inizia il pendio dei monti sui quali cresce liberamente ogni ben di Dio. Le palme da cocco formano veri e propri boschi con dentro anche banani, papaje, manghi, altra frutta sconosciuta.
Solo qualche auto o motorino ogni tanto interrompono un silenzio ... lunare.
Lungo la strada notiamo quelli che definiscono "marae", cioè dei siti archeologici che però in realtà sono dei massi nerastri. Sinceramente ci lasciano perplessi.
In poco tempo arriviamo alla famosa spiaggia di Tereia.
Una lunga striscia di sabbia bianchissima accecante, solo un paio di altri bagnanti, qualche farè disabitato ed un casa in costruzione con i lavori in corso che ... disturbano.
Un largo tratto di laguna separa la spiaggia dal motu che sta di fronte, e con la bassa marea lo si può percorrere a piedi. Ci avviamo ma poi rinunciamo perchè il motu è molto lontano e gli preferiamo un po' di snorkeling. Anche qua sottoriva i pesci sono pochissimi, ma avanzando con l'aumentare dei coralli aumenta anche la loro quantità e qualità ... visiva, ci ritroviamo immersi in un'altro acquario tropicale. Il tempo impetosamente corre veloce e la schiena inizia a scottarsi, ritorniamo all'ombra, rimanere anche solo qualche minuto sotto il sole diretto per un po' d'abbronzatura è impossibile, si brucia.
Dopo pranzato ci portiamo in un'altro punto della spiaggia più isolato, meno curato, più silenzioso, all'ombra si sta ... in paradiso.
Dopo vari tentativi maldestramente riesco a frantumare una noce di cocco su un masso, la sua acqua mi spruzza addosso dappertutto, la polpa è buonissima.
Facciamo un'altro bagno dove assisto ad una scena da documentario.

Il fondale è sabbioso con qualche conchiglia morta. Mi avvicino ad una più grande delle altre, semiaperta, da dentro due occhietti mi guardano. Rimango fermo immobile, gli occhietti si muovono ed esce dalla conchiglia un pesciolino piccolissimo e coloratissimo, contiene tutto l'arcobaleno, si ferma un attimo e scappa via. Noto che dentro alla conchiglia c'è qualcosa (o qualcun) altro, immobile. Pian pianino provo a dischiuderla e mi appaiono due formazioni biancastre, gelatinose, due uova con gli embrioni in avanzata fase di sviluppo. In uno sotto ad una pellicina si vede chiaramente un'altro di quei pesciolini multicolori che si muove e probabilmente sta per nascere, mentre l'altro è un po' più indietro nella formazione ed i colori si mischiano al biancastro dell'uovo. Mi coglie un'emozione particolare, ritiro la mano, probabilmente in precedenza avevo assistito alla prima nuotata di un neonato e spero ardentemente di non aver rovinato il ciclo della natura con il mio tocco.

Riprendiamo le bici per continuare il tour, ma solo per portarle a mano in una dura salita, mentre nella seguente discesa dobbiamo ben dosare la contropedalata.
Troviamo addirittura alcuni tornanti e su uno è d'obbligo una sosta.
Finora avevamo visto molte qualità di fiori ma questo è particolare, uguale identico a quello che Donatella ha acquistato (di plastica) per portarlo sempre infilato nei capelli come fanno molte donne locali.
E' impossibile descriverne i colori, le venature, una foto non li rende completamente, come non può rendere il profumo.

Terminiamo il giro dell'isola rientrando in paese logicamente dalla parte opposta di dove ne eravamo usciti, e capiamo che abbiamo preso la strada nella direzione giusta perchè solo adesso, alla fine, incontriamo quello che diventerebbe un grosso problema in caso di sovraffollamento dei paesini, anche se fosse solo per il periodo feriale come avviene nelle nostre località balneari. La discarica dei rifiuti.
Arriviamo al punto del ritrovo con abbondante anticipo, e questo ci permette un'altro giro del paese.
Due bambini espongono dei grandi pesci probabilmente appena pescati, probabilmente per venderli, altri bambini giocano liberamente per le strade, ci corrono incontro con il sorriso aperto e ci dicono qualcosa che non comprendiamo, ce ne dispiace. Notiamo che a differenza di Papeete qua non ci sono persone obese.
Sicuramente i bambini sono per strada perchè il traffico è inesistente, però anche nella capitale era così, anche molte donne sono sedute davanti a casa e chiaccherano fra di loro, che sia dovuto ad un rapporto con la TV diverso dal nostro?

Nasce una considerazione.
Chiaramente non ci sono segni di ricchezza, gli abbigliamenti sono coloratissimi ma dimessi, le auto scarseggiano e sono vecchie, ammaccate ed arrugginite, dentro alle case aperte non si nota mobilia di qualità, alcuni adulti mancano dei denti davanti. Però non vediamo nemmeno la miseria, la fame, non è come in alcune zone dell'Africa (tanto per citare un luogo). A causa della pochezza di fonti economiche si accontentano di quello che hanno, di quello che vien loro donato da mare e terra, rinunciando a molti di quelli che dalle nostre parti, se guardiamo bene, sono diventati degli abusi; rinunciano quel superfluo che invece viene posto in primo piano nella nostra attuale civiltà. Non vediamo non dico centri estetici ma nemmeno la classica parrucchiera, eppure le donne sono ugualmente belle ed intriganti, anche senza i brillantini sulle unghie; gli uomini non indossano giacca e cravatta, non frequentano palestre, eppure sono ugualmente affascinanti e muscolosi. Rinunciano a quella "crescita" che invece riempie le bocche dei nostri industriali e che ci porta ... dove?
Le loro facce, il loro "essere", trasmettono tranquillità e dolcezza, un bellezza interiore che si riflette in quella esteriore, se fosse per noi non cercheremmo niente di più.

Durante il ritorno in barca Jean rallenta, si ferma, ci addita qualcosa davanti, alcune grandi mante ci tagliano la strada, ennesima sorpresa.

Alla sera ancora cena di pesce, che Dorian ci serve cinta in testa da un coloratissimo cerchio di fiori.

Abbiamo trascorso un'altra giornata indimenticabile, e va incorniciata con lo spettacolo stellare finale.
Sembra che anche il nostro fisico abbia preso i ritmi corretti del sonno, sono le 9,
buonanotte.

domenica

5° giorno - il motu Tiapa'a

Iaoranàaa
Anche il risveglio fra noi due risulta più dolce sillabando con un fil di voce questa parola.
L'erbetta bagnata ci ricorda che anche stanotte è scesa un po' di pioggia.
A colazione nuovi gusti di marmellate, anche i sapori regalano ulteriori gioie quando si è pienamente rilassati.

Oggi dovrebbe essere una giornata più tranquilla, rimaniamo qua nel motu Tiapa'a, attorno alla  pensione. Faremo un giro con delle canoe che ci lasciano a disposizione, andiamo a prendere le pagaie vicino alla cucina, le canoe sono adagiate in una riva lontana qualche centinaio di metri dal nucleo della pensione, per raggiungerle dobbiamo attraversare un tratto di palmeto.
Nel motu non ci sono recinzioni che dividono le varie proprietà, ognuno sa bene cosa è suo e cosa appartiene agli altri, anzi gli antichi polinesiani non avevano proprio il senso della proprietà, tutto era di tutti, sono stati poi i "civilizzatori" ad imporre le loro (nostre) fobìe.
Anche durante le precedenti passeggiate avevamo il sospetto che Durga non solo ci accompagnasse, ma che indicasse veramente la strada, questa volta ne abbiamo la conferma, lei sa , SA dove stiamo andando, e ci anticipa di qualche metro.
Questo è un classico esempio di quanto sia limitativo chiamarli semplicemente ... cani.


Durga ci aveva accolto al nostro arrivo al Kuriri, non potevano mancare le nostre carezze con il pensiero che andava a Belle, lasciata tristemente a casa (non da sola eh, in compagnia dei figli).
Jean ci ha avvisato che ce la saremmo ritrovata sempre al nostro fianco, lo faceva con tutti.
Una volta ci ha raccontato la sua storia ed alla sera, seduti attorno ad un tavolo, è affascinante ascoltare racconti di mare anche se riguardano cani, sopratutto quando in seguito se ne riscontrano le verità.
La prima volta l'avevano incontrata durante un'escursione con dei turisti nel motu vicino a quello dove eravamo, probabilmente l'avevano portata là da un villaggio di Maupiti. Si era dimostrata subito dolce, si erano affezionati, solo che la pensione aveva già altri due cani maschi e così a malincuore, non volendo creare una cagnara, l'avevano lasciata là.
A dividere i due motu c'è un Pass, un largo e profondo canale dove le acque dalla laguna fuoriescono verso l'oceano con una corrente violenta (e successivamente l'abbiamo provata, nuotandone ai bordi non riuscivamo ad andare avanti, pensatevi in mezzo). Al mattino dopo si erano ritrovati Durga seduta in barca, al di qua del canale.
Come aveva fatto Durga ad attraversarlo? Sembrava impossibile pensando che una volta la corrente si era portata via una barca della pensione, legata maldestramente, e dopo tre mesi era stata ritrovata dalle autorità delle isole Cook a tremila km di distanza.
E poi Durga come era riuscita a riconoscere proprio il loro natante ormeggiato fra gli altri delle altre famiglie che abitano il motu?
Durga aveva scelto il Kuriri.
Se la sono tenuta, l'hanno portata a sterilizzare ed è diventata la mascotte.
A volte la vedevamo entrare in acqua, immobile fissare un punto, si vedeva chiaramente che cercava di catturare un pesce, ci hanno detto che spesso ci riusciva e probabilmente si era sfamata proprio così quando era stata abbandonata.
Alla sera ci seguiva nel farè, però non entrava, così ci facevamo vicendevole compagnia nel terrazzo e dopo si adagiava sotto per la notte.
Quando siamo partiti non l'abbiamo trovata, sicuramente ha voluto risparmiarci il magone dell'addio.

Una volta messa in mare la mia canoa Durga mi anticipa e si siede al mio posto, non essendo un cagnolino di piccole dimensioni preferisco scaricarla e lasciarla a terra.
Facciamo il giro di mezzo motu, durante una pausa vediamo Durga che ci sorpassa nuotando vispamente, ci ha seguiti per tutto il lungo tragitto, poi continua a farlo sulla riva, e nei punti in cui la riva forma delle profonde cale si rituffa in acqua e continua ancora a nuoto.

Remare stanca molto chi non c'è abituato. Il giro completo del motu è di circa 4km, dopo poco preferiamo tornare indietro, lasciare a terra le canoe e continuare in passeggiata. Proseguiamo lungo la spiaggia ed un folto gruppo di cani ringhiosi, fuoriusciti da una delle abitazioni, ci avvicina, mettiamo in pratica quanto suggerito da Jean in questi casi, è sufficiente chinarci facendo finta di raccogliere un sasso che questi si allontanano e ci lasciano continuare il giro. In tutto il motu ci saranno 5-6 abitazioni, un paio sembrano abbandonate però potrebbero essere dei luoghi di vacanza per qualche abitante di città.

Anche in questa giornata si susseguono i bagni, lo snorkeling, la familiarizzazione con gli abitanti del mare, però oggi la soddisfazione più grande è ... il riposo.
Nel tardo pomeriggio scopriamo quello che in seguito diventerà una delle tappe fisse serali.
Avevo il sospetto che fosse qualcosa di incantevole, ma non credevo fino a questo punto.
Il tramonto, il sole che se ne va, il pensiero che mentre qua la luce sta svanendo all'incontrario in Italia sta crescendo, quello che noi non vediamo più adesso lo vedono i nostri figli.
Poco prima il sole è accecante, inguardabile, gli occhi si abbassano sulla sabbia, la vista trema, mi stropiccio gli occhi, no, è proprio la spiaggia che trema, che si muove. Fisso gli occhi sulla sabbia e solo così mi accorgo del gran viavai di paguri, tutti dentro alla loro casa ambulante, di tutte le dimensioni, dai minuscoli a quelli anche di 4-5 centimetri. Ci piglia un momento di dispiacere, forse prima ne abbiamo calpestato qualcuno senza accorgercene.
L'esplosione di luce si riflette sia sulla laguna sia sulle nuvole, velocemente tutto scema, solo le nuvole rimangono arrossate, subentra il grigio ed in pochi minuti ... la notte.

A cena Jean ci avvisa che il vento è cambiato, adesso arriva da sud, e questo non porta niente di buono, speriamo bene.
Buonanotte

sabato

6° giorno - da Maupiti a Tahaa

Iaoranàaa.
Sono le ultime ora a Maupiti.
Dopo il tramonto di ieri sera la tentazione di vedere anche l'alba è irresistibile, andando a letto presto alla sera poi il risveglio al mattino non è difficile, un ciclo che mi viene naturale.
Con la prima luce vado a sedermi dalla parte opposta del motu ed assisto all'esatto incontrario di ieri sera, il grigiore che diventa un'improvvisa esplosione i colori, ricomincia la vita.
Ieri sera Jean era andato a legare meglio le barche per paura del maltempo, tutto sembra passato stanotte con un paio di scrosci un po' più violenti, però alcune nuvole nerastre sono rimaste ed il sole nascente che da sotto batte su queste le rende gioiose.
La colazione è sempre con frutta ed ancora nuovi gusti di marmellate, stavolta Donatella si annota quella di pompelmo; esprimiamo il desiderio di pranzare leggeri a mezzogiorno per paura poi del volo, Dorian ci fa capire che sta preparando qualcosa appositamente per noi.
Solitamente Donatella ha un tono di voce elevato, a casa a volte le chiedo di abbassarlo e lei ne rimane indispettita, qua invece le sue parole si confondono con le onde, anche lei quasi sussurra, l'inizio di abbronzatura le dona molto, me la vedo ancora più bella.
All'interno del farè un grosso diario raccoglie le impressioni scritte dagli ospiti, ci diverte leggere quelle rilasciate dagli italiani, inseriamo anche le nostre totalmente positive.
Sempre scortati da Durga andiamo a salutare i nostri amici pesci ed Hector, lo squaletto che inizialmente mi aveva messo paura ma che poi ci hanno raccontanto essere un habituè del posto tanto da avergli perfino assegnato un nome, ed incontriamo un'ulteriore sorpresa.
Girando dietro ad una massa corallina, dentro ad foro, una grande murena ci spalanca paurosamente la bocca, mostrandoci la dentatura pronta a colpire, la ritirata è immediata, ne vediamo anche altre due più piccoline. Un'ultimo cauto saluto anche al reef, dove stavolta trova il coraggio per salire anche Donatella.

A mezzogiorno Dorian ci presenta così il piatto: "tonno crudo in insalata".
Mentre a casa alcuni alimenti risultano indigesti, ed il loro gusto dallo stomaco ritorna in bocca anche dopo ore, qua invece tutto viene digerito facilmente; sicuramente gran parte del merito va alla tranquillità con cui mastichiamo, però credo che il poprio contributo lo diano anche i condimenti con salse locali a base di cocco, così possiamo inghiottire facilmente anche peperoni, cetrioli, cipolla, e così via.

Mauruurù (grazie) Dorian, mauruurù Kuriri.

Jean ci riaccompagna in barca all'aereoporto assieme ad un'altra coppia, senza nessun preavviso una nuvola apparentmente innocua ci scarica addosso la propria acqua, la barca è semiscoperta e solo le valigie sono al riparo, noi due riusciamo a ripararci abbastanza grazie a dei poncho in nylon che teniamo sempre nello zainetto, mentre gli altri sono fradici, però all'arrivo vento e sole in pochi minuti ci riasciugano.
Praticamente non esistono formalità di imbarco, solo il controllo che fossimo inseriti nella lista prenotazioni, niente controllo bagagli, una veloce pesatina alle valigie (le nostre sono sempre state dentro ai limiti di peso, però senza fare nessuna osservazione facevano passare anche quelle in abbondante sovrappeso) e tranquillamente ci mettiamo in attesa all'esterno.
Arriva un gruppo di persone e si siedono all'ombra di un albero, spuntano bevande, una chitarra ed un ukulele e si mettono a cantare, con ampi cenni invitano tutti quelli che sono in attesa ad avvicinarsi ed entrare a far parte della comitiva. Due adulti e due bambini sono ricoperti di collane di fiori, intuiamo che stanno partendo. I canti intonati sono dolci, melodiosi, canti d'addio. Si abbracciano, piangono, anche a noi non possono mancare le lacrime, anche per noi è un addio a quel luogo, ed un modo migliore non poteva esserci.
Una volta saliti in aereo la donna si toglie alcune collane e le distribuisce un po' a tutti, ci fa capire che per lei sono tante ed in qualche modo vuole far partecipi anche noi ... il magone continua.
(non inserisco il video, l'audio è troppo disturbato dal vento ed incomprensibile)

Raiatea e Tahaa sono due isole vicine, racchiuse dentro alla stessa cinta corallina.
Raiatea è più grande, ha l'aeroporto, è la seconda città della nazione come numero di abitanti, contiene il più importante sito archeologico di "marae", il soggiorno invece ce lo hanno consigliato a Tahaa, più piccolina, più vivibile, identica come flora e fauna.
Come al solito ci accoglie un delegato dell'hotel, un ragazzone grande e grosso formato montagna che, senza particolare fatica, solleva da terra una per mano le nostre valigie e se le carica nella barca privata.
Un momento di delusione, anche l'hotel Pirogue è su un motu isolato, credevamo fosse sull'isola principale ma questo è stato un nostro errore. Vediamo subito che è un hotel con qualità generale elevata e questo ci tira su il morale e fa diventare un'inezia il rammarico iniziale.
Il bancone del bar/reception è saturo di fiori.
Il gestore è svizzero e parla bene l'italiano, ci accompagna al farè,  anche la stanza è imbottita di fiori che rilasciano il solito profumo intenso, arredata con classe e coloratissima, nel bagno si potrebbe pranzare.
La TV è con il decoder satellitare, ci fanno subito fastidio le luci accese degli standby così tolgo via le spine, le reinserò solo alla partenza.

Il menù serale è molto vario, non come al Kuriri dove le pietanze erano uguali per tutti, però l'insieme è più asettico, ognuno mangia nel proprio tavolino, le cameriere sono perfettamente "impostate" e ci versano le bevande nei bicchieri. Da una parte la qualità fa piacere ma da un'altra viene a mancare qualcosa, quei rapporti umani che tanto ci avevano "acchiappato" in quei primi giorni.

Alla fine anche questa che doveva essere una semplice una giornata "di transito" si è riempita di tanti significati.
Mauruurù Polinesia.
Buonanotte

Stuunfff ... un forte botto secco ed attutito ...  la terra trema ... una noce di cocco è caduta da un albero.

venerdì

7° giorno - Tahaa, giornata in hotel

Iaoranàaaa

I vialetti dell'hotel sono di sabbia bianca, pulitissimi, si può circolare liberamene scalzi, prima di entrare dappertutto ci sono bacinelle d'acqua per ripulirci con dentro un fiore galleggiante.


Anche questo giardino è un piccolo orto botanico con molti tipi di piante e fiori, ci stupiamo di un ficus identico ad uno che abbiamo a casa, il nostro ha poche foglie striminzite, questo è alto oltre una decina di metri, non mancano ibiscus, i tiarè profumati, ed altre piante sconosciute.

Ancora colazione abbondante, stiamo inevitabilmente ingrassando però non riusciamo a dire di no a queste squisitezze.
Nel lato verso la barriera corallina è impossibile fare il bagno, l'acqua è bassissima ed affiorano i coralli, ci proviamo ma ci facciamo solo del male. Dalla parte della laguna la spiaggia invece è sabbiosa, e come in tutte le spiagge sabbiose inizialmente l'acqua è torbida, strano, da sopra sembra limpidissima e invece immergendoci con la maschera si vede poco lontano. Ci facciamo prestare delle pinne dall'hotel e ci allontanianmo da riva, più lontano la torbidità diminuisce ed incontrando qualche formazione corallina ritroviamo la solita miriade di pesci.

Nella spiaggia ci sdraiamo sui lettini, dalla cucina dell'hotel arriva un chiacchericcio di donne e continue risate argentine che creano allegria anche a noi, che sia anche questo uno degli ingredienti che fa insaporire i loro cibi? A proposito, a mezzogiorno insalata di granchio, vediamo se riusciamo a non mangiare mai carne in tutti questi giorni?

La giornata scorre tranquilla, domani sarà un giorno intenso, ci aspetta un'escursione con tour dell'isola principale e varie visite.

Anche qua ci sono due cagnoni, uno più affettuoso l'altro un po' più cauto, tutto il giorno non li vediamo mai ed appaiono al tramonto, vengono a prendersi un po' di carezze, si adagiano sulla spiaggia a godersi quello che è uno spettacolo unico, il monte di Bora Bora è là in fondo proprio a fianco del sole che cala, poi prendono sonno cullati dal dolce sciacquio della laguna.

Buonanotte

giovedì

8° giorno - Tahaa, l'isola

Iaoranàaa

La giornata si presenta intensa fin dal primo mattino.
Nel pontile della proprietà adiacente all'hotel arrivano delle barche con gente del posto, scaricano alimentari, bevande e ... chitarre, si capisce che è un giorno di festa, si siedono ad un grande tavolo ed iniziano a cantare le loro melodie, ascoltate da lontano sono una colonna sonora da brividi.

La barca dell'hotel ci porta dal motu all'isola grande assieme ad altre due giovani coppie francesi, intuiamo che sono in viaggio di nozze, la Pirogue è proprio l'hotel ideale per loro.
Dopo una breve attesa arriva un fuoristrada 4x4, si presenta Tinì, la nostra guida nella giornata, saliamo sui sedili nel cassone, una strada sconnessa ci porterà in alto sulla montagna.
Ogni tanto ci fermamo e Tinì scende ad illustrarci cosa incontriamo, ad esempio le puzzolenti marcite di copra, cioè noci di cocco destinate alla produzione di oli cosmetici, oppure ci mostra gli stranissimi fiori del banano e dell'albero del pane, assieme ad altre piante da fiore o da frutto che crescono spontaneamente in questo vero e proprio paradiso terrestre.

La strada sterrata continua a salire fiancheggiando palmeti con dentro alberi da frutto di ogni tipo e siepi di case con i più insoliti fiori, finchè ci fermiano in un piazzale in alto, con magnifici panorami che spaziano dai sottostanti paesini al lontano reef.
Ancora nuove piante, fiori e strani uccelli, una vera e propria lezione di botanica.

Ritorniamo a livello mare ed andiamo a visitare una piantagione di vaniglia.
Ci accolgono con un tavolo imbandito di frutta e bevande, il proprietario è un francese trapiantato là e sta portando avanti quella che è una delle tradizioni di Tahaa, la produzione della miglior vaniglia esistente al mondo. La coltivazione è completamente biologica, senza ausili chimici, il concime sono delle noci di cocco appoggiate sulla terra. La vaniglia è una qualità di orchidea dalla quale il bacello viene prelevato prima della fioritura e messo ad essicare. Terminato un breve giro acquistiamo alcuni prodotti sia per regali sia per usarli a casa nella preparazioni di dolci e cibi.

Proseguiamo con una visita ad un allevamento di ostriche da perle nere, e qua Tinì ci spiega qual'è il metodo di coltura di questo particolare tipo di preziosità.
Arrivati a metà giornata Tinì ci accompagna a casa sua per il pranzo.

Nel pomeriggio con la sua barca e con la sua dolce moglie ci accompagnano ad un ... giardino di coralli.
Lasciamo la barca fra due motu, dopo una camminata ci immergiamo in un metro d'acqua.
Le formazioni coralline sono più corpose di quelle che avevamo visto finora, più colorate, e la fauna è .... immensa.
Ci ritroviamo immersi in vere e proprie nuvole di pesci che si spostano solamente quando arriviamo loro addosso, altri pesci ci fissano negli occhi quasi a sfidarci e poi scappano via quando praticamente li tocchiamo con la maschera, attinie ad elica multicolori aspettano di essere sfiorate per ritirirarsi improvvisamente, grandi anemoni di mare ondeggiano.
La corrente è intensa e dobbiamo frenarci per non andare a sbattere contro le formazioni coralline e per non far trascorrere troppo velocemente questo momento di vera e propria estasi.
Cade anche un po' di pioggia ed il seguente arcobaleno riporta in cielo i colori che vediamo sotto il livello dell'acqua. Anche qua il tempo trascorre senza che ce ne rendiamo conto e quasi tutti ritornano in barca.
Io rimango in acqua ancora un po' e dall'alto mi avvisano che una manta si sta avvicinando, la attendo ed inizia a rotearmi attorno. Allungo la mano per accarezzarla ma con il suo strano stile di nuoto si allontana senza fuggire, provo ancora varie volte ma lei continua a danzarmi attorno, finchè siamo arrivati proprio al tempo massimo, la strada per il rientro è lunga.

Arrivati a qualche centinaio di metri dall'albergo Tinì ferma il motore della barca, ci guardiamo negli occhi, sembra finita la benzina, invece tira fuori una chitarrina ed assieme alla moglie intonano un dolcissimo canto.

Miglior addio non poteva esserci.

Ma la giornata non è finita, sbarcando all'hotel sentiamo che i vicini stanno ancora continuando la loro festa iniziata al mattino, stanno ancora cantando, parlando e ridendo mentre i bambini continuano con i loro giochi in acqua.
Proprio dietro a loro inizia un'altro affasciante tramonto.

Adesso si,
Buonanotte.

mercoledì

9° giorno - a Raiatea

Iaoranàaa

Oggi pensavamo di fare un tour a Raiatea, l'isola con i siti archeologici più significativi, forse quella più legata alla polinesia ancestrale, ma dopo l'intensa giornata di ieri, dopo la delusione dei marae di Maupiti, e dopo essere riusciti ad organizzarci solamente con un passaggio al volo dalla barca dell'hotel che va ad approvigionare, preferiamo andare nell'isola per passare solo una mezza giornata nella sua città principale, Uturoa.


La cittadina si presenta linda, ci accorgiamo che è un centro più importante dalla mole delle navi ormeggiate nel porto, dalla presenza di un ospedale, dell'ufficio postale e dalle auto in quantità leggermente superiore.
Anche qua le uniche recinzioni sono su chiesa e scuole.

La strada maestra è circondata da negozi di tutti i tipi, non eravamamo più abituati a tanta quantità di merci, e troviamo gli ultimi souvenir che ci mancavano per parenti e amici.
Donatella, rimasta colpita dalla tappezzeria del farè dell'albergo, trova della stoffa coloratissima per poi riprodurre quegli arredamenti anche a casa nostra.

Sicuramente dopo questa esperienza casa nostra non sarà più la stessa, nemmeno noi saremo più gli stessi, non è vero che i caratteri rimangono tali e quali per tutta la vita, invece si cambia, eccome che si cambia, e l'ambiente dove si vive dà un rilevante contributo.

Pranziamo con un panino al volo e rientriamo sempre con la barca dell'hotel.

Il pomeriggio è rilassato fra sdraio - spiaggia, sdraio - bagno, sdraio - canoa, sdraio - tramonto, sdraio - aperitivo, sdraio - cena ... letto.

Domani si cambia, passiamo agli atolli,
buonanotte

martedì

10° giorno - da Tahaa a Rangiroa

Iaoranàaa
Oggi questo saluto significa l'addio alle isole per passare alla scoperta dei più piatti atolli.
Tahaa ci ha entusiasmati, ci lasciamo un pezzo del nostro cuore, e la collana di conchiglie che ci viene donata come addio fa luccicare i nostri occhi.
Le operazioni d'imbarco in aereo anche questa volta sono praticamente inesistenti.
Per passare a Rangiroa dobbiano ritornare a Tahiti e cambiare aereo, il paio d'ore d'attesa vola così come vola (eh si, siamo in aereo) il tempo successivo.

Dall'alto vediamo le striscie di motu che circondano le lagune, immense piscine.
La parola Rangiroa significa "cielo senza fine" ed è proprio vero, acqua e cielo si fondono, non esiste un vero e proprio orizzonte.
Proprio in fase di atterraggio distinguiamo nitida la Laguna blu.

All'aeroporto ci accoglie Alain, parla anche lui un ottimo italiano.
La strada che porta dall'aeroporto alla pensione ci fa capire che qua molte cose sono diverse.
Un atollo è una fila di motu piatti, stretti qualche centinaio di metri, uniti da vari ponticelli, percorsi da un'unica strada asfaltata, vegetazione di palme, palme, ed ancora palme.
La sistemazione in pensione è diversa, non i farè precedenti ma monolocali affiancati in un'unica struttura, con terrazzino anteriore, comunque tutto pulito ed accogliente.

Arriviamo attorno a mezzogiorno e per mettere qualcosa in pancia ci indicano un bar poco lontano.
Ha una terrazza sull'acqua, e sotto una miriade di pesci attendono i bocconi lanciati da chi li sta ammirando.
Un'altro vero e proprio acquario a cielo aperto.

Il Tiputa Pass, considerato un paradiso dei sub, è poco lontano ed Alain ci indica che proprio quel pomeriggio la corrente è favorevole, entrante, per cui non c'è pericolo di ritrovarsi proiettati nell'oceano, e noi non perdiamo l'occasione, esordiremo nel nostro primo vero "snorkeling" in acque profonde.
Il "Raie Manta Club" ci fornisce l'istruttore, maschere, pinne e la muta che ci riparerà dal freddo ed aiuterà il galleggiamento, e ci danno una minima istruzione sulla gestualità dei sub; una delle raccomandazioni è quella di rimanere sempre vicini all'istruttore, ed infatti io mi incollerò da un lato e dall'altro Donatella non gli mollerà la mano nemmeno per un  attimo.
In gommone ci portano fuori dal Pass assieme ad un'altra coppia che, a differenza di noi, farà un immersione con le bombole.
Ci tuffiamo nell'oceano, appena fuori dal Pass il fondale è a gradoni, un primo è profondo una decina di metri, il secondo una ventina, il terzo ai nostri occhi è un abisso buio, 60 metri. Preferiamo rimanergli sul bordo, mette paura, sotto si vedono gironzolare squali grandi e grossi, l'istruttore ci tranquillizza, le nostre sagome viste da sotto si confondono con le onde. Intravvediamo i sub che rilasciano colonne di bollicine. Sperimentiamo la violenza della corrente entrante che ci sposta senza riuscire a contrastarla, se fosse al contrario chissà dove andremmo a finire. Il gradino meno profondo è un'altro giardino di coralli, ci circonda un'immenso vortice di pesci, e senza accorgerci ci ritroviamo all'interno della laguna.
Non c'è il sole, c'è vento che forma grandi cavalloni, ci invitano a risalire sul gommone (che ci seguiva) per un attimo di riposo. La moltitudine di emozioni, sommate al freddo, sommate alle onde, sommate al recente veloce pranzo, si trasformano in un malore che trasporta tutto il mio pasto dallo stomaco in cibo per pesci.
Donatella desidera continuare, io vorrei fermarmi, ma l'istruttore mi consiglia il ridiscendere in acqua come minor danno, ed io i più esperti li ascolto. Il malessere dura pochi istanti, la mente viene indirizzata altrove, nuotando facciamo il giro di un'isolotto dove ci accolgono altri squali, una grande murena e numerose altre forme e colori di pesci che finora non avevamo ancora visto.
Rientriamo a terra come due zombie, rincitrulliti dalle troppe immagini ed emozioni, ma la giornata non è ancora finita.
Il Tiputa Pass è famoso per i suoi delfini e finora non li abbiamo visti, lo facciamo presente all'istruttore e ci indica di sederci su delle panchine. La giornata è ideale, i delfini amano saltare sopra alle alte onde, siamo al tramonto, l'ora che preferiscono, basta sedersi ed aspettare.
L'attesa dura poco ed eccoli effettuare i loro salti giocosi, rimaniamo incantati, ci ripromettiamo di ritornare.
Rientriamo a piedi, cotti, stracotti di emozioni, abbiamo appena trascorso quella che sarà una delle giornate più intense della nostra vita.
Pensate a questa sequenza: hotel Tahaa, barca, aereo, aeroporto Papeete, aereo, Rangiroa, nuova pensione, terrazza/acquario del bar, snorkeling, squali, delfini, veramente troppo.
A cena Alain si dimostra, oltre che ottimo anfitrione, anche ottimo cuoco, anche al Bounty si mangia tutti sulla stessa tavola, e sempre pesce.
Il letto arriva come un vero proprio sollievo.
Buonanotte

lunedì

11° giorno - Rangiroa, alla Laguna Blu

Iaoranàaa

Anche oggi in programma una giornata tosta con escursione alla mitica Laguna Blu.
La nostra barca parte poprio a fianco di una festa di paese, proprio ieri in aereo assieme a noi c'era un folto gruppo di giovanottoni, oggi scopriamo che sono i team di alcune gare di canoe che si svolgeranno proprio in questi giorni.
Il tutto sta iniziando con una benedizione, il ritardo di qualcuno ci consente di seguire la cerimonia e di fare un giro fra i banchi, però è una cosa veloce e si parte, siamo in 9.

Ad accompagnarci sono due ragazzi locali, le poche onde lasciano tranquillo il mio stomaco e dopo una mezzoretta la barca si ferma a qualche centinaio di metri da un motu. Ci fanno scendere, caricano un grosso frigo sopra ad un surf e su un'acqua alta poco più di mezzo metro ci trasferiamo a piedi al motu.

Ci circondano pinne che fuoriescono a pelo d'acqua, non siamo tranquillissimi.
Nel motu sono pronti dei tavoli e materiale per cucinare.
Nell'altro lato del motu ... la Laguna Blu.
E' impossbibile descrivere a parole quel colore che si pone fra il celeste ed il blu, il vocabolo "azzurro" è troppo limitativo, perfino le foto non riescono a descriverlo pienamente.

I ragazzi si mettono ad intrecciare delle foglie di palma, ne formano dei cestini che vengono usati come contenitori delle cibarie. Dell'impasto per pane al cocco viene spalmato su delle foglie, ci spiegano che verranno messse sul fuoco e non bruceranno, un po' come i nostri fogli di allumino.

Uno dei due rimane a cucinare, l'altro ci accompagna all'interno della laguna con un'altra imbarcazione più leggera, alla scoperta dei perchè di quel colore particolare. Praticamente si tratta di una minilaguna all'interno della laguna più grande, sempre circoscritta da piccoli motu che impediscono la formazione di onde, quindi acqua calmissima, discretamente profonda, vista da sopra apparentemente trasparente, vista da dentro con molto plancton e probabilmente anche questo contribuisce alla colorazione, anche i pesci non sono tantissimi come da altre parti.
Una sosta ci fa venire una fitta al cuore, su una spiaggia, inconfondibile, della schiuma di detersivo, anche qua ha colpito l'idiozia della continua "crescita" della razza umana.

Ritorniamo al motu ed è pronto il pranzo

Un riposino, una sorpresa con regalo alle donne dei cestini di foglie di cocco trasformati in splendide borsette, ed iniza un gioco con squali, uccelli e pesci.
Circondato da tutti noi uno dei ragazzi inzia a gettare in acqua avanzi del pranzo, gli squaletti che gironzolavano aumentano di numero e praticamente arrivano sui nostri piedi assieme ad una miriade di altri pesci e di uccelli che tentano di agguantare il cibo al volo, gli squali sono sfuggenti però il ragazzo riesce abilmente ad agguantare al volo un uccello ed un pesce.


Rimanendo in piedi gli squali si vedono nitidi, provo ad immergermi con la maschera e sebbene siano a pochi centimentri di distanza non riesco ad intravvederli, ottimamente mimetizzati con l'acqua.

Il gioco termina e ritornamo alla barca principale.
Veniamo circondati da un folto gruppo di squali famelici più grandi, evidentemente consapevoli che abbiamo ancora avanzi di cibo. Dicono che non è bene aizzare i pesci a comportamenti aggressivi, però lo spettacolo della cattura del cibo è impressionante per la velocità dei riflessi e la potenza nella distruzione delle ossa.


Al rientro siamo letteralmente arrostiti dal sole, comunque avanzano tempo e voglia per fare un'altro po' di snorkeling lungo il Pass di Avatoru, sempre in mezzo a pesci e coralli.

A cena ci ritroviamo noi, una coppia americana, una francese ed una giapponese, una vera Babele. Ognuno con la propria lingua, nonostante le enormi diversità, aiutati dai gesti e minimamente da Alain (il gestore dell'hotel) seduto a tavola con noi, facciamo nascere una specie di "esperanto" che ci auita a raccontare ed a capire benissimo come abbiamo trascorso la nostra giornata. Un'altra lezione di vita ci conferma che, quando esiste la volontà e l'armonia, si riesce a superare qualsiasi ostacolo di incomunicabilità.

Abbiamo trascorso un'altra giornata intensissima, ci meritiamo un po' di riposo,
Buonanotte

domenica

12° giorno - Rangiroa, a Tiputa e Avatoru

Iaoranàaaa
Oggi la giornata si presenta più calma, abbiamo in programma un giro di Rangiroa usando le biciclette fornite dalla pensione.
La prima meta è il paesino di Tiputa, e per attraversare l'oramai famoso Pass usiamo una barca/taxi condotta da uno personaggi ameni del luogo



















Il paesino è piccolino, in poco tempo ne facciamo il giro completo, ci colpisce il randagismo dei cani che girano a gruppi ringhiosi e la cosa ci mette un po' di timore.
E' una giornata festiva e ce ne accorgiamo dai bambini che giocano per le strade e da un canto che esce dalla chiesa, un'altra soave melodia che invita ad entrare.


Ritorniamo nell'isola principale e cicliamo la decina di km che ci portano ad Avatoru, il paese principale.
Lungo la strada una grande delusione.
Molte case e molte attività commerciali sono chiuse, vuote, dal proliferare di erbacce sembrano abbandonate, ci assale l'impressione di un qualcosa che tempo fa aveva vissuto momenti di floridità ma che adesso sta pagando a modo suo questa crisi, quasi un grande luna park in fase di smantellamento. Però nemmeno qua esiste la miseria, la gente rimasta vive apparentemente bene, i sorrisi ed i saluti per strada non mancano mai, sono vestiti dignitosamente e le case abitate sono in buone condizioni. Forse hanno saputo ritornare nei loro passi, ritornare indietro da uno sviluppo che forse li avrebbe soffocati.

Ci rendiamo conto anche di un'altra cosa.
Non esistono i nostrani sassi, i motu sono fatti interamente di pezzetti di coralli morti, nei campi non c'è terra, ma sabbia sempre corallina, e sui coralli nascono spontaneamente solo le palme da cocco, tutte le altre piante sono state importate dall'uomo.

Il paese è vivo, anche oggi è festa e ci sono ancora i banchi della sagra paesana, all'alba era partita una gara di canoe a 6 rematori, con una vera e propria maratona percorreranno gli 80km di oceano che separano Rangiroa da Tikehau.

Attorno a mezzogiorno, sopra ad un ponticello su uno stretto pass, ci sorprende la marea entrante. La corrente è violenta, ma sono sufficenti pochi centimetri d'acqua perchè una moltitudine di pesci colorati si dispongano ad accogliere il cibo fresco proveniente dall'oceano.

Il pomeriggio è dedicato alla spiaggia della pensione, condivisa con l'adiacente hotel Kiaora Village, un hotel di categoria elevata, con splendidi farè in spiaggia e molti overwater, però inesorabilmente chiuso, dicono in attesa di restauri, però questo aumenta la triste impressione mattiniera.
La spiaggia è sabbiosa, quindi l'acqua è torbida, è strano vedere che le palafitte in cemento degli overwater, di recente costruzione, sono già diventate aggancio per i coralli, in mezzo a queste incontro un po' di pesci colorati, fuggono, solo dopo un po' mi accorgo che mentre sto nuotando molti mi si dispongono dietro, mi seguono in processione, mi fermo immobile, alcuni rompono la timidezza e mi sfiorano, qualcuno mi mordicchia i peli del corpo e la cosa mi mette un po' di paura, non conosco che tipi di pesci siano e fino a dove possono arrivare, rientro a terra velocemente.

Il tramonto è l'ora indicata per il passaggio dei delfini al Tiputa Pass. Stasera non ci sono onde, calma piatta, e probabilmente i delfini preferiscono altri giochi, però il tramonto su Tiputa è spettacolare. Il celeste del mare e del cielo progressivamente si oscura verso il blu mentre l'ultimo sole batte proprio sul bordo dell'isolotto regalandogli l'ultima luce colorata. Anche qua le foto riescono solo a far intuire la realtà dei colori.

Stasera andiamo a letto un po' demoralizzati, solo domani mattina sapremo se sarà possibile andare alle "sabbie rosa", una spiaggia con questa particolare colorazione che si trova a circa 2 ore di barca da Avatoru, speriamo che le onde si calmino anche dentro la laguna oltre che nel Pass.
Buonanotte

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