L'appuntamento con il pulmino che ci porta all'aeroporto è ad "orario polinesiano", cioè noi siamo puntuali mentre chi viene a prenderci tarda di molto, comunque all'aeroporto ci arriviamo in orario perfetto a dimostrazione che hanno sempre ragione loro.
Il check-in dei voli interni è da film (e purtroppo non l'ho fatto, non riesco ad essere contemporaneamente cameraman e protagonista).
Una signora si porta in aereo, assieme ad un po' di bimbi piccoli, anche delle bacinelle per il bucato ed un mocio, un'altra ha come bagaglio a mano dei contenitori con uova. Arriviamo al bancone e gentilmente mi avvertono che al controllo bagagli potrebbero crearmi dei problemi per l'ukulele che porto infilato nello zainetto a spalla (non fidandomi di inserirlo nelle valigie sballottate), potrebbero considerarlo come "un'arma d'offesa", pensiamo: "eh, ma allora anche il bastone del mocio, anche le uova" e giù a ridere. (
però questo timore ci accompagnerà per tutti i chek-in successivi, comunque non ci hanno più fatto questa osservazione e tutto è sempre filato liscio). Nonostante i molti regali acquistati il peso delle valigie rimane nella norma (
altro timore che ci ha sempre accompagnato successivamente).
Gli aerei che useremo per gli spostamenti interni sono ad elica, questo per permettere minori lunghezze delle piste collocate su lembi di terra nelle varie isole.
Le ali sono poste più in alto dei finestrini, così possiamo vedere sotto senza disturbo.
L'accoglienza a bordo è sempre ospitale, non manca (e non mancherà mai) un succo di frutta (tropicale logicamente).
Iniziano i paesaggi da cartolina, anche se non riusciamo a riconoscere le isole che sorvoliamo, questa credo sia Bora Bora:
Piccola precisazione (che forse dovevo fare all'inizio di tutto e si vede bene nella foto).
In Polinesia esistono isole e atolli, che sono due cose diverse. Partendo da in mezzo l'isola ha una o più montagne, che originariamente erano un vulcano, alle pendici di queste inizia la laguna che si espande fino ai motu, i quali sono degli isolotti corallini normalmente stretti e di varie lunghezze, dopo di questi un'altro tratto di laguna con larghezza variabile porta al reef che è la muraglia corallina dove sbatte l'oceano, larga qualche metro con acqua bassissima, ed infine l'oceano.
Nell'atollo invece il vulcano centrale ad un certo punto ha deciso di sprofondare, per cui le immense lagune centrali sono unicamente delimitate da questi motu (isolotti)
All'arrivo a Maupiti iniziamo a familiarizzare con gli aeroporti delle isole. La pista è brevissima, vista dall'alto sembra impossibile non finire in acqua, la frenata dell'aereo per forza è potente. Strutture piccolissime, praticamente tutto in una stanza completamente aperta, le valigie vengono portate direttamente dentro da un trattorino.
Ci accoglie Jean, ci infila la classica collana di fiori, parla un ottimo italiano, saliamo sulla barca e ci accompagna alla pensione Kuriri che si trova in un motu all'opposto dell'isola. Passando davanti all'isola principale notiamo la diversità delle abitazioni rispetto a Papeete dove imperavano alti condomini, di qua invece casettine singole, tutte ad un solo piano leggermente rialzato da terra, immancabile la chiesetta con campanile centrale. Il monte dell'isola ha pareti rocciose, e proprio in cima ci sorprende la crescita di alcune palme da cocco. I semi delle palme sono ... le noci di cocco, e sicuramente non è stato il vento a portarle su quelle vette, forse qualche uccello, o forse Messner è arrivato anche fin qua?
La parola "Farè" tradotta letteralmente significa "casa" ed i farè attuali per i turisti vengono ricreati come le vecchie case indigene, assomiglianti ai nostri bungalow. Gli alloggi della pensione sono appunto 5 di questi farè immersi in un giardino tropicale. Tutti in legno, leggermente rialzati da terra, dentro ci accolgono fiori posizionati dappertutto, anche in bagno si mischiano colori e profumi. Al centro il letto ricoperto da una zanzariera, un ventilatore al soffitto che non abbiamo mai acceso perchè l'aria non è mai mancata.
Mancano dei servizi essenziali senza i quali sicuramente ci rovineremo le ferie come TV, frigo, telefono, climatizzatore, cassaforte (logicamente sto scherzando), però l'acqua calda c'è.
Jean ci informa che la pensione è quasi completamente autonoma, molto cordialmente ci chiede di non abusare dell'energia elettrica perchè proviene da pannelli solari che caricano batterie, l'acqua dolce la prelevano da sotto il motu, quella dei rubinetti non è potabile però va bene per lavarci, poi loro potabilizzano quella che ci danno da bere, ed il tutto è controllato.
Entrando nel farè Jean fa un gesto per lui naturale che però ci coglie di sorpresa, si toglie le ciabatte.
Gesto che poi anche noi ci imporremmo di fare, sempre, motivato.
Le case sono costruite sollevate da terra per difenderle degli allagamenti, ed hanno pavimenti in legno, non essendoci marciapiedi provenendo dall'esterno si porterebbe dentro la sabbia, granulosa, ed il legno si rovinerebbe in poco tempo. Allora si entra a piedi nudi, a volte accolti all'esterno da una bacinella d'acqua per risciaquarli, ed ecco il motivo principale per cui dappertutto e sempre non si usano scarpe ma le comodissime ciabatte infradito.
Anche senza rumori non esiste un vero e proprio silenzio, ma un sottofondo continuo di onde che si infrangono.
In questo motu esistono solo la pensione dove siamo noi, un'altra, e qualche casa singola, per il pranzo non abbiamo scelte ed iniziamo ad assaporare i gusti locali. Pesce crudo in insalata condito con salse locali, squisito. Siamo seduti su una terrazza/dependance proprio di fronte al tratto di laguna che guarda verso l'oceano, il paesaggio è suggestivo, le onde che si infrangono paurose.
Nel pomeriggio finalmente il primo bagno.
La sabbia è granulosa ma non calda nonostante il sole cocente (ci spiegheranno che le sabbie sono di corallo e questo non assorbe il calore)
L'acqua è calda, la sua profondità arriva subito a circa mezzo metro e poi rimane stabile, per arrivare al reef ci saranno circa 300mt. L'ingresso in acqua con la maschera è deludente, solo qualche insignificante pesciolino, riemergiamo, ci guardiamo negli occhi: "tutto qua? boooh".
Procedendo iniziamo ad incontrare piccoli scogli, anche questi in realtà sono coralli solidificati. Pian pianino aumenta la quantità e la qualità dei pesci, lentamente ci ritroviamo immersi in un vero e proprio acquario tropicale. Pesci con tutti i colori di un infinito arcobaleno, brillantissimi, di tutte le forme e dimensioni, alcuni fuggono via subito, altri si lasciano avvicinare, finalmente è proprio il mare che cercavamo (e pensare che è solo l'inizio). Le conchiglie hanno i bordi frastagliati coloratissimi, attinie ed anemoni, vere e proprie esplosioni di coralli multicolori. Il tempo passa senza cognizione, ad un certo punto solo dei brividi di freddo ci fanno capire che è il momento di uscire e Donatella ritorna a riva.
Sono vicinissimo al reef e decido di salirci sopra. Ad un certo punto le formazioni coralline aumentano di consistenza, l'altezza dell'acqua diminuisce fino ad una decina di cm e mi metto in piedi su quel paio di metri che separano dall'oceano.
E' impressionante, mi sento una nullità, le onde arrivano con altezze e violenze inaudite, si infrangono contro al muro di coralli solidificati e mi scivolano dolcemente sui piedi, solo qualcuna mi sbilancia un po', senza risacca diventano acqua placida di laguna. Rimango là incantato alcuni istanti poi sento una sensazione di paura, mi volto per ritornare indietro, alla mia destra vedo fuoriuscire dall'acqua una pinna che fugge via, uno squaletto (solo dopo mi hanno detto che era innocuo), il cuore inizia a battere velocemente. Un paio d'onde più forti mi prendono alle spalle, mi tolgono l'equilibrio e mi fanno cadere, così i coralli si vendicano del mio calpestio procurandomi alcuni profondi tagli ad un polpaccio. Basta, torno indietro. I tagli sanguinano abbondantemente e così ho anche imparato che le ferite da corallo sono dolorose e poi lunghe da guarire (un mese dopo ne ho ancora i segni rossi, e sicuramente mi resteranno cicatrici, indelebili).
Ritorniamo al farè e finalmente riusciamo a dormire profondamente per alcune ore.
Nel tardo pomeriggio camminiamo fino ad un'altra spiaggia poco lontana, ci accompagna Durga la dolcissima cagna della pensione, di lei parlerò in un post seguente.
In teoria dovremmo incontrare delle mante, però scopriamo che quando il sole decide di andarsene il buio arriva in pochi minuti, per cui facciamo un rientro frettoloso sempre accompagnati da Durga che, mentre ci bagnavamo, era rimasta seduta accanto ai nostri asciugamani.
Alla sera si cena tutti seduti allo stesso tavolo, siamo gli unici italiani assieme ad altre due coppie francesi, così Jean ci desidera accanto a se in modo da renderci partecipi ai dialoghi.
Ancora pesce crudo come antipasto e poi quel tazar che ci accompagnerà in quasi tutti i pasti nella pensione, cucinato in modi diversi. Anche il dolce finale contiene gustosi prodotti di zona.
E' la stessa cuoca che porta i cibi in tavola, Dorian, è molto bella, ha modi di fare dolcissimi, ci presenta a voce i piatti con molta eleganza, con un fil di voce, con una risata cristallina ed allo stesso tempo ... vergognina, e queste caratteristiche le riscontreremo in molti polinesiani.
Non siamo di gran compagnia, gli occhi si chiudono da soli, anche questa giornata li ha riempiti abbondantemente, la schiena bruciacchia dopo l'oretta a pelo d'acqua, però non può mancare un breve ritorno nella buia spiaggia con gli occhi rivolti al cielo, accolti da un immenso manto di stelle luminosissimo. Uno degli spettacoli che ci regala la natura del quale normalmente non ce ne rendiamo conto (assieme a molti altri che riscopriremo in seguito).
Buonanotte.